My Lovely Quarantine #2

My Lovely Quarantine #2 di Claudio Celio

Vodopivec – Vitovska Origine 2016: Appena stappato la parola che lo descrive meglio è ingolfato; nel bicchiere aleggia una sensazione pirica, di combustione. Poi resta immobile, insensibile. Avete presente Bartelby Lo Scrivano, il personaggio di Melville? Il copista anaffettivo che rispondeva ad ogni richiesta del suo avvocato con un immutabile e beffardo: “Preferirei di no…”.  Con questa vitovska è stato cosi. Io, da una parte, che scruto, scuoto e interpello e lei, dall’altra, che preferisce nicchiare e rifugiarsi nel suo mutismo. Provo ad aspettare ed è una fortuna. Al vino, infatti, serve una mezza giornata per sgranchirsi, smontare la corazza e dialogare senza tante reticenze. In questa versione 2016, che segue la splendida 2015, mi colpisce la solarità esplicita. La matrice del vino è quella rocciosa e salina del Carso ma da qui si allungano appendici dolci che raramente mi è capitato di associare a una vitovska. Il registro espressivo è quello della maturità e questo un po’ mi sorprende. L’assaggio mi impone di scandagliare le altre versioni 2016 prodotte da Paolo Vodopivec.

Domaine Belluard – Les Perles du Mont Blanc: Una bollicina gustosissima di un produttore di cui mi piace praticamente tutto. Oltre al prezzo, ha dalla sua la capacità di bilanciare alla perfezione una certa rusticità effervescente con un dosaggio civettuolo ma azzeccatissimo. Fosse stato un Brut Nature sarebbe stato meno gradevole. Comunque sia: una bomba da bere a tavola e, per quanto ho constatato, fa scopa con i fritti.

Francois Ganevat – Le p’tiot Roukin: Ho accumulato un bel numero di assaggi dei vini di Ganevat e mi sono fatto persuaso (come diceva quello) che è nei vini meno ambiziosi, dove è più spinta la ricerca della bevibilità, che il talento di questo produttore si palesa in modo più cristallino. E’ prodotto seguendo tutti i requisiti della naturalità più spinta (niente lieviti, niente solfiti etc….) ed è un vino pulitissimo che squaderna nel bicchiere tutte le sfumature del rosso, dal fiore carnoso alla frutta selvatica. Al secondo giorno la morsa dell’ossidazione ne intacca un po’ il fulgore espressivo nitidissimo facendolo virare verso toni umbratili, terrosi senza che, tuttavia, venga meno l’assoluta piacevolezza del sorso.

Lassaigne – Les Papilles Insolite: Lassaigne è uno dei miei produttori preferiti di Champagne. ll suo Les Vignes de Montgueux è la bottiglia verso la quale si tende il mio braccio quando mi voglio rifugiare nella mia ‘comfort-zone’ champagnotta o quando faccio assaggiare uno champagne ad un amico per la prima volta. Questo Les Papilles Insolite che ho stappato qualche giorno fa in realtà è solo un pretesto per dire quanto mi piaccia questo produttore. Ciò non toglie che questa sia una bottiglia che mi sento di raccomandare a chi cerca nello champagne durezza e finezza, sorsi affilati e tanti agrumi.

Praesidium – Cerasuolo 2018: E’ stata una fortuna aver aperto questa bottiglia al momento giusto, che è poi il momento in cui il cerasuolo abbandona la sua veste brillante e godibile per diventare qualcos’altro. Ecco appunto: diventa cosa? Diventa questo Cerasuolo 2018 prodotto da Ottaviano in una annata molto complicata per l’Abruzzo e per la Valle Peligna, condizionata dalla pioggia (anzi come dice Ottaviano “dalla guazza, che è peggio”) e massacrata dalla sua infausta compagna mietitrice di grappoli: la peronospora. Intorno ad una acidità ancora bella piantata (che è l’eredità più importante dell’annata) non ci sono più le fragranze tipiche dei cerasuolo scarichi e sofferenti come questo (ossia la rosellina o il melograno) ma il corredo olfattivo che regala l’ossidazione fatto di fiori appassiti, sentori fungini, refoli boscosi. Un parossismo ossidativo, nel senso di una imprevedibile accelerazione dell’azione dell’ossigeno, consegna quelle sensazioni di torrefazione (caffè, crema di caffè) che mi era capitato di avvertire solo nei Cerasuolo di Valentini, ma beninteso di annate assai più vecchie. L’ossidazione può fare regali inattesi e io mi sento sinceramente di ringraziarla.

Skerlj – Malvasia 2017: Nella mia personale classifica dei vini prodotti da Matej nel 2017 devo ammettere che la Malvasia è la mia preferita. Il profilo aromatico del vitigno è esaltato da una annata calda e siccitosa ma si ferma un attimo prima di risultare invadente. Anzi gioca di rimando con il cuore salmastro del vino che non arretra mai di fronte alle vampate di pesca gialla, di canditi e di erbe battute dal vento e scottate dal sole come il lentisco. Mentre lo bevo mi convinco che la definizione che lo inquadra meglio sia questa: un bellissimo vino mediterraneo.

Domaine Des Cavarodes – Chardonnay De Messagelin 2015: Chiudo questa breve rassegna con un vino per il quale vale la pena saccheggiare il mio personale bagaglio di aggettivi e locuzioni banali e irritanti. E quindi ecco un vino “stupefacente” e “brillante”. Aggiungo un “senza parole” e non lesino un “mamma mia”. Aleggiando ancora l’atmosfera pasquale azzardo un “miracoloso”. Manca volutamente dalla lista l’aggettivo che si è soliti tirare fuori – chi non lo ha fatto? – quando si vuole impressionare un amico alle prime armi. Oppure quando in una degustazione rovistiamo tra le sinapsi in cerca di un aggettivo capace di non smascherare la nostra inadeguatezza. Parlo dell’aggettivo MINERALE e lo utilizzo qui per osservare che è proprio nei confini circoscritti dall’aggettivo MINERALE che il vino in questione è stato uno degli assaggi più folgoranti (ecco un altro aggettivo della categoria di cui sopra) degli ultimi tempi. E dire che sono arrivato prevenuto a questo assaggio per essere incappato, nel caso dei bianchi 2015 dello Jura, in bottiglie un po’ storte, deviate, spesso con troppo alcol o talvolta difettate. Qui, invece, nulla di tutto ciò: lo chardonnay non denuncia nulla della sua natura se non un gradevolissimo grumo glicerico a centro bocca. Naso austero che fa pensare alla selce, alla pietra spaccata. In bocca il vino ‘morde’ la lingua con una presa salina che lascia in bocca una scia di lunghezza veramente impressionante. Uno dei migliori bianchi assaggiati negli ultimi tempi.

Roma, il 17 aprile 2020

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