Vernaccia di San Gimignano: il senso del luogo e della memoria

Vernaccia di San Gimignano: il senso del luogo e della memoria

Riflessioni a stomaco vuoto / di Flaminia Cesa

Traguardo importante quello dei cinquant’anni, soprattutto per un vino al femminile e dalla classe inconfondibile come la Vernaccia di San Gimignano. Per festeggiare la prima doc d’Italia, nata nel 1966, il Consorzio della Denominazione San Gimignano, le ha dedicato un libro scritto e curato da Armando Castagno, giornalista tra i più quotati nel mondo del vino, relatore Ais e docente di Storia dell’Arte presso l’Università degli Studi delle Scienze Gastronomiche di Pollenzo. E così il libro “Vernaccia di San Gimignano – Vino Territorio Memoria” è stato presentato nella sala stampa della Camera dei Deputati a Montecitorio, alla presenza del Vice ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, On. Andrea Olivero, dell’Onorevole Susanna Cenni, della Presidentessa del Consorzio, Letizia Cesani, dei giornalisti del settore.

Uno strumento di lavoro, non un libro autocelebrativo e retorico ma un testo, come sottolinea lo stesso Castagno, che rende conto di una vera e propria “infusione” del vino in un territorio, che racconta di donne, di uomini, di mani, di paesaggi e di avvenimenti millenari che hanno fatto la storia di questo territorio toscano. Uno scrigno di memorie è contenuto all’interno di questo libro, diviso in sei parti; nell’ultima raccoglie le interviste ai personaggi chiave della storia di San Gimignano, che hanno conservato tradizioni, protocolli di produzione e ambiente. Anche per i non addetti ai lavori, il testo, è davvero scorrevole e piacevole da leggere con numerosi e interessanti cenni storici culturali, sociali, economici e artistici che lo rendono una superlativa guida da avere con sé quando si va a visitare la cittadina toscana e il suo areale.

Famosa in tutto il mondo per sue le torri, scomparse 59 delle iniziali 72 durante i secoli passati, con i suoi 324 metri sul livello del mare, San Gimignano gode di una posizione strategica con un clima mite e ventilato durante tutto l’anno. A fianco della Vernaccia, per disciplinare, è ammesso un saldo del 15% di altri vitigni non aromatici e sempre a bacca bianca, che concorrono a dar vita a quel vino dal colore giallo paglierino, con riflessi dorati dalla spiccata acidità e di autentica mineralità, dal sapore asciutto, armonico e sapido appena ammandorlato in fondo, che lo hanno portato ad essere paragonato ai famosi Chablis. Il sottosuolo, con la presenza di numerosi fossili, risalenti fino a 5,3 milioni di anni fa, è la chiave di lettura di un terroir di una certa potenza che regala acidità e sapidità al vino e di conseguenza una considerevole longevità.

Già citata da Dante nel Purgatorio e da Boccaccio nel Decamerone, fino ad arrivare sulle tavole di Lorenzo il Magnifico a Firenze, nel corso dei successivi secoli la fama della Vernaccia si è andata spegnendo fino a scomparire con gli inizi del Novecento, quando praticamente non veniva più vinificata. La fine della piaga della fillossera in concomitanza con una pubblicazione ad opera di Carlo Fregola, rettore della cattedra ambulante di Agricoltura a Siena, hanno dato al bianco sangimignanese una possibilità di riscatto e di tornare ai fasti del passato fino ad arrivare a chiedere il riconoscimento della Doc nel 1966. Di certo, avere come vicini di casa rossi di grosso calibro come i Brunello di Montalcino, i Chianti Classico e i Super Tuscan non ha agevolato la crescita della Vernaccia di San Gimignano, che però è riuscita a farsi valere restando sulla strada della ricerca di una sua vera e propria identità.

Strada che grazie all’aiuto del Consorzio di Tutela, nato nel 1972, sta portando i suoi frutti con i suoi attuali 115 soci, tra cui alcune cooperative. Ad oggi sono 1.900 gli ettari vitati nell’areale di San Gimignano con oltre 170 aziende, 58 delle quali imbottigliano vino a proprio marchio, per un totale di 5milioni di bottiglie prodotte e un’esportazione all’estero pari al 50%.

 

Riflessioni a stomaco pieno / di Monica Coluccia

La presentazione del libro “Vernaccia di San Gimignano – Vino Territorio Memoria” lo scorso primo febbraio, a due settimane dalla presentazione delle nuove annate, la 2016 e la Riserva 2015, ha contribuito ad elevare il livello d’attenzione degli addetti ai lavori sull’intero comparto dell’unica Docg in bianco del vino di Toscana. Più curiosità quindi anche per gli assaggi che sono capitati a tiro delle bottiglie di millesimi ancora reperibili in commercio, in attesa dell’imminente anteprima: il vino d’annata 2015 e le riserve 2014 e 2013; in particolare per quest’ultimo millesimo si tratta delle interpretazioni di quei produttori che hanno deciso di attendere un anno in più rispetto al dettato del disciplinare prima di licenziare le bottiglie di Vernaccia di San Gimignano Riserva dalle loro cantine.

In attesa che il settore socialbloggeristico immetta compulsivamente nella rete i risultati degli assaggi delle nuove annate, spesso senza nemmeno averle digerite, proviamo a darvi conto di alcuni assaggi a stomaco pieno che abbiamo avuto il piacere di condividere con qualche produttore e qualche collega/maestro giornalista, cercando di illustrarvi il parziale, ma interessante, quadro che ne è venuto fuori.

La denominazione offre uno spaccato variegato e divertente per chi volesse approcciarla nella sua interezza, sia perché lo consente il disciplinare (vini d’annata, vini riserva e, per chi vuole, vini con saldo di uve diverse dalla Vernaccia, alloctoni e non, per il 15%) sia perché lo consente la variabilità delle 28 diverse unità paesaggistiche, individuate nel comune e descritte esaustivamente nel libro, sia perché i produttori coinvolti hanno tutti dalla loro caratteri testardi e individualisti, spesso molto vivaci, che non lesinano trasferire nei loro vini. Il fattore caratteriale non è stato, fino ad ora, un ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi comuni: la scelta ponderata è stata quella di presentarsi uniti e compatti nei momenti che contano. Il crudele e non prolifico contrasto tra grande e piccolo che attanaglia e immobilizza altri importanti territori del vino del nostro Paese qui non si avverte o, se c’è, ce lo tengono ben nascosto.

Il tessuto rurale in cui si ritrovano a rivaleggiare i vignaioli di qui è un tessuto visivamente compatto e fertile, tutto filosoficamente sempre orientato verso la centralità delle torri svettanti di San Gimignano: è come se tale contesto ambientale assorbisse naturalmente, come un abbraccio di madre, le intemperanze e le asperità dei figli e restituisse serenità e comunione d’intenti. In questo liquido amniotico il “cercatore assetato” trova il suo nutrimento, qualsiasi sia il suo gusto personale.

Troverà agilità, verticalità e schiettezza per esempio nella Vernaccia di San Gimignano 2015 dell’azienda La Lastra, che fa un po’ da spartiacque tra la 2015 di Simone Santini (Tenuta Le Calcinaie), che si presenta più sapida e strutturata, e la versione più fruttata del Colombaio di Santa Chiara, il Selvabianca 2015. Gli amanti di struttura e densità o di un più rassicurante equilibrio tra calore e sapidità – i due caratteri con cui la Vernaccia solitamente si svela più volentieri – potranno optare per la Vernaccia di San Gimignano 2015 di Panizzi.

Le interpretazioni dell’annata 2014 che siamo riusciti ad intercettare in assaggio sono casualmente opera di due tra i personaggi più veraci della denominazione: Manrico Biagini, vignaiolo e cacciatore, che nella sua Riserva 2014 La Ginestra (Signano) riproduce forza e solarità del vitigno, anche aiutato dal passaggio in legno, ed Elisabetta Fagiuoli, radicata, qui e da decenni, ad un imprescindibile rispetto agricolo, anche estremizzato in alcuni casi, che nella sua Vernaccia di San Gimignano Tradizionale Montenidoli riproduce come forza e salinità, abbracciate da una percezione di ruralità autentica che o si ama o si odia.

Un coinvolgimento pieno, di cuore, cervello e pancia, c’è da ammetterlo, è arrivato con un solido trittico di Vernaccia di San Gimignano Riserva 2013, ad ognuno la sua:

la Vernaccia di San Gimignano Riserva Vigna ai Sassi 2013 Tenuta Le Calcinaie trova in una decisa evidenza sapido-minerale il suo carattere stregante, rinunciando a concedere morbidezza ma infiltrandosi deciso e senza convenevoli dove può con forza e ritmo;

la Vernaccia di San Gimignano Riserva Sanice 2013 Cesani sussume in sé in questo momento la densità di sapore più elevata cui possa arrivare un vitigno dalla tipica neutralità come il nostro; la partita si gioca sull’equilibrio tra calore e sapidità, qui molto intensa; un equilibrio tale da far sembrare il vino addirittura snello; il sapore è al centro, quasi fossimo in una sala degli specchi: si allarga, si stringe, si spezza, ondeggia;

la Vernaccia di San Gimignano Riserva Vigna a Solatìo 2013 Falchini parte già avvantaggiata nel nome (ma c’è nome più bello che si possa assegnare ad un vino?) e in questo nome porta il suo destino di dolcezza e calore, di abbraccio alcolico e morbidezza, contesto che risulta positivo solo per la presente spalla acido-sapida di rinforzo.

Da qui in poi, un libro e il vostro gusto.

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