Autarchia di un Sommelier tra apparenza e appariscenza
|Erano gli anni ottanta, quando neanche Giacomo Furia (Cardone, il Pinturicchio della banda degli onesti) avrebbe sporcato le tele come i piatti lavati nel ristorante da Raimondo di fronte al manicomio di Quarto. I matti sono maestri di vita e di disegno.
Salvato dalla leva militare sono arrivate le grandi maison fino a ricoprire il ruolo: regista del grande Genoa di Bagnoli con Pato, Aguillera e Thomas Skuravy. Beh, essere il sommelier del più grande ristorante del mondo con due commis ai vini non era da tutti, chiunque avrebbe goduto di questo momento. Si tornava a casa col sorriso tipico degli innamorati sul volto pensando alle bottiglie stappate, a Moshe Dayan, Mobutu con la sua tigre al guinzaglio, Renato Rascel incazzato, ed il mito: una firma del giornale per il quale si veniva presi a cazzotti alla stazione di Pegli, colpevoli di averlo sotto il braccio con due cassette di Pasolini e ne porto ancora i segni sul naso. Pier Paolo Pasolini e la sua terra di grandi vini e straordinaria civiltà contadina, il Friuli e la sua Casarsa.
“Ogni immagine di questa terra, ogni volto umano, ogni battere di campane, mi viene gettato contro il cuore ferendomi con un dolore quasi fisico. Non ho un momento di calma, perché vivo sempre gettato nel futuro: se bevo un bicchiere di vino, e rido forte con gli amici, mi vedo bene e mi sento gridare, con disperazione immensa e accorata, con un rimpianto prematuro di quanto faccio e godo, una coscienza continuamente viva e dolorosa del tempo”
Si, perché in quel periodo quel giornale iniziava a raccontare il nostro mondo, quello dell’enogastronomia e fare il cameriere o il cuoco avrebbe potuto assumere un altro significato. Bene, quella dignitá il nostro lavoro l’ha conquistata attraverso giornalisti di grande spessore; purtroppo come neve al sole quello spessore è andato ad assumere la forma della carta velina di una nuova generazione di pseudo-gourmet che ha trasformato quel mondo in personaggi che ambiscono a sostituire Kant o Maria de Filippi.
Risultato di tutto ciò: eventi, congressi, forum, convegni e tutto un modo virtuale di apparire, apparire, apparire, mentre nei ristoranti vuoti il cliente, l’unico vero protagonista, è abbandonato a due camerieri dell’est e qualche cuoco indiano sottopagato.
Roma, il 20 giugno 2014
Gianni Ruggiero
Gianni, lessico ispirato come sempre. Immagini che diventano sostanza e situazioni che sembra di averl
e vissute di persona. Non tutti sanno chi sei e non tutti sanno apprezzarti per quello che sei……..peggio per loro! Povero chi non ha sangue scozzese…
La memoria è la mappa che ci fa capire da dove veniamo e dove stiamo andando. Intelligenza e sensibilità ci guidano riguardo a quale strada prendere. Gianni, tu le possiedi entrambe ed ogni tua parola evoca e mette a nudo la vacuità dell’apparire moderno.
Proprio come lui, l’unico, vero, grande intellettuale dei nostri tempi.
Applausi !!!
Mi piace quello che dici e come lo dici. Mi unisco agli applausi dell’Oste Arcangelo 😉
Bravo Gianni, da come scrivi è come se si vedesse un quadro…. coerente come sempre, e leggerti è un piacere.
Un saluto affettuoso
E bravo Gianni! Un bel articolo!!! (PS ci vedi che alla fine ci sono andato sul blog!)
Thanks a lot Gianni. Come dicono a Oxford, quanno ce vò,ce vò
Caro Gianni, mi hai scritto ricordando il Masseto che hai servito al tavolo 28 del Sans Souci, è stata una bella cena:-)
E il giornale di cui parli io lo conosco bene e purtroppo non c’è più, tutto finito, sparito, rimane solo l’ambizione dei 15 minuti di notorietà, come insegnava Andy Warhol.
Buon lavoro
L’ultimo cliente se ne va dal locale ,la porta si chiude nel disordine delle bottiglie accatastate,delle tovaglie macchiate di presenze appena partite,nel colpo d’occhio della cucina ancora da rigovernare,dei bicchieri un poco tristi con qualche rimasuglio di vino,è in quell’istante che leggo i commenti di persone che stimo e si scioglie tutto in un momento magico.
Grazie!
Mangiare al tavolo di un ristorante è per alcuni un alternativa ad una cena casa con i resti del frigorifero, per altri è un evento, un ricordo, una festa o semplicemente un momento di svago per rilassarsi tra un buon piatto e una bottigia di vino. Il contenitore di questi eventi non è fatto di mura ma di persone e questo rende spesso l’esperienza deludente. Gianni, hai centrato come al solito il problema ma la maggior parte non sa neppure di cosa parliamo. Per fortuna c’è un porto sicuro a Piazza Cavour e questo mi basta!
Grazie Gianni per questo poetico articolo e per la bella serata che ci hai fatto trascorrere giovedì con Fra …l’attenzione,la professionalità,l’amicizia e l’entusiasmo con il quale mi hai spiegato tante cose che non sapevo rendono ancora più vive le parole scrivi!