Carema Etichetta Bianca 2010 – Ferrando
| Un sorso improvvisamente materializza una porta di accesso. Dapprima in pixel sgranati. Il meccanismo per elaborarla in alta definizione è inconsapevole e non richiede alcuno sforzo, anzi. Occorre semplicemente richiamare l’assaggio, terminare il primo e poi il secondo calice, tanto ne vorrete ancora.
Ora non vi resta che aprire la porta, ma prima dovete trovare il sorso che vi susciti queste emozioni. Un vino in grado di trascinarvi, solo dopo averlo bevuto, alla scoperta di un territorio.
Carema è terra di confine, si tratta dell’ultimo paese in provincia di Torino prima di entrare in Valle d’Aosta. La denominazione rappresenta unicamente il vino prodotto nell’omonimo Comune, pochi gli ettari vitati, esiguo il numero di produttori, un piccolo scrigno a molti sconosciuto. Generalmente la Doc Carema viene affrontata con approssimazione sui libri di testo, poco prima dell’esame da Sommelier. Ci si limita a studiare marginalmente la zona e il vitigno principale, il Nebbiolo, qui diffuso nelle sottovarietà Picoutener e Pugnet.
Una volta mandato giù il sorso, quello giusto, si spalanca la porta. Dalla soglia vengono proiettate le terrazze poste su muri a secco che si arrampicano lungo la montagna, i terreni di origine morenica in cui crescono i filari pergolati sorretti da caratteristici pilastri in pietra, i “pilun”, che non soltanto sorreggono la pianta ma hanno la funzione di accumulare calore durante il giorno per rilasciarlo la notte. Prima degli attuali cambiamenti climatici questa tecnica permetteva all’uva di non gelare. Una “lotta per la sopravvivenza dell’uomo e della vittoria su una terra difficile e dura da domare”, il rischio sempre dietro l’angolo dell’abbandono dei vigneti, una forte identità che ha raggiunto un compromesso intrepido con la natura e che va sostenuta.
Roberto Ferrando prosegue con la tradizione di famiglia, produce Carema, contribuisce insieme a pochi altri produttori alla protezione di questa piccola realtà vinicola di montagna. Coltiva il Nebbiolo per produrre l’Etichetta Bianca su 2,5 ettari e dopo una fermentazione in acciaio il vino matura per in botti grandi di 10/15 ettolitri, aspetti marginali, ci interessa il vino, il Carema Etichetta Bianca del millesimo 2010 quella luminosità del granato trasparente che attrae lo sguardo, i piccoli frutti rossi al naso, la viola, le spezie, quella lieve nota eterea che ricorda il rossetto e l’evidente mineralità ferrosa per un sorso teso, dinamico che dissemina freschezza al palato con il richiamo dei frutti e della nota ematica, incontro inaspettato, poesia…
Carema etichetta bianca 2010 Ferrando
Pallida… la veste color granato asseconda un palese gioco “vedo non vedo”. Ha una viola legata tra i capelli e mentre assapora piccoli frutti rossi si morde le labbra appena colorate da un velo di rossetto… lacrime di sangue. Un incontro oscillante, vivace, interminabile e ne vuoi ancora.
Roma il 6 giugno 2014
Francesco Petroli
che poesia, complimenti!
Grazie, ogni tanto in un blog è anche bello lasciarsi trasportare!
bravissimo! io ho bevuto poco tempo fa il 2009, forse meno brillante del 10 a causa dell’annata, poi era in mezzo ad altri 20 nebbioli, dal Boca al Barolo e via dicendo, navigava a metà classifica 🙂
Concordo con te: ho avuto la fortuna di partecipare a qualche anteprima 2010 zona langhe, non soltanto Barolo e devo dire che da quelle parti l’annata pare altamente fortunata. 2009 Ferrando non l’ho degustato ma da quel che ho potuto leggere in rete credo sia come dici tu.
sì, per la cronaca poi il 2009 non è in assoluto negativa, ad esempio Ettore Germano ne ha cavato ottimi Barolo, e si lamenta infatti dei detrattori di quel millesimo